22 marzo 2007

Domenica pomeriggio, panoramica delle varie chat gay a cui mi sono iscritto. Su una di quelle più specialistiche (genere: fetish, sotto-categoria: piedi) riconosco la foto di qualcuno con cui ho scambiato qualche messaggio giorni fa, e lo ricontatto. È in cerca di sesso dal vivo, per subito. Da me o da lui? Da lui, e per una volta al diavolo la mia pigrizia.
Abita sui Navigli, lo raggiungo in mezz'ora con la metro. Vorrei tanto prendere un caffè prima di incontrarlo, ma lungo la strada non trovo nessun bar aperto. Lui mi aspetta sulla porta, e mi fa entrare in un soggiorno poco illuminato. Il PC portatile sul tavolo è ancora alla pagina della chat. Mi è andata bene, stavolta: A. è sui quaranta, alto, snello, capelli e occhi chiari, e ha un corpo notevole. Parecchi muscoli, ma decisamente non il tipico palestrato gonfio, piuttosto un fisico asciutto da nuotatore. Ha un viso vagamente familiare, sono sicuro di averlo già visto da qualche parte. Quando gli chiedo spiegazioni non si scompone: lavorava in un locale gay, è abituato a essere riconosciuto. Mi offre del fumo che rifiuto, e si prepara con calma una canna mentre comincio a toccarlo. Poi si accomoda su una poltrona accanto alla finestra, e io mi siedo per terra ai suoi piedi.
Mi chiedo spesso perché mi piacciono così tanto i piedi degli uomini. Per darmi una risposta probabilmente dovrei rovistare nel mio subconscio con l'aiuto della psicanalisi, magari risalire all'infanzia. I piedi per me sono importanti quasi quanto la bocca e il buco del culo, forse anche più dei capezzoli. Un altro organo sessuale secondario da aggiungere all'elenco. Comunque, a giudicare dalle richieste sui profili delle chat si tratta di una fissazione piuttosto comune.
Tolgo le scarpe ad A. e mi strofino i suoi piedi sulla faccia, annusando i calzini sudati ma non troppo. L'odore mi eccita, e lui sembra gradire parecchio le mie attenzioni. Ha almeno un 44 abbondante, e una volta tolti i calzini gli lecco le dita e la pianta a lungo. Poi ci spostiamo in camera da letto, e ci spogliamo completamente. Disteso sul suo futon guardo il suo corpo nudo. È quasi del tutto privo di grasso sottocutaneo, con tutti i muscoli in evidenza: sarebbe il modello ideale per una lezione di disegno anatomico.
Il sesso è piacevolmente rilassato, e soltanto orale. A. bacia piuttosto bene e succhia anche meglio. Un lungo sessantanove per me è piuttosto raro al primo incontro, forse perché non ho un cazzo particolarmente grosso. Il suo è più che rispettabile e gli riservo le dovute attenzioni, ma non voglio trascurare tutto il resto. Lo lecco ovunque: sotto le ascelle, dietro le ginocchia, nel buco del culo, nelle orecchie, nell'ombelico. Manco a dirlo, però, quelli che prendo in bocca più spesso sono i suoi piedi. Ho un unico appunto da fare ad A. Invece di limitarsi a gemere (cosa che fa di frequente con mia grande soddisfazione), ogni tanto purtroppo si lascia scappare qualche superfluo "yeah!" che fa tanto porno d'importazione ma nel contesto stona un po'. Un dettaglio, tuttavia, che non incide più di tanto su quella che complessivamente è una gran bella trombata. A. dimostra di non essere affatto un amante egoista, e si dà da fare con considerevole disinvoltura. Finalmente sborriamo: lui addosso a me e io nella sua bocca, dietro precisa richiesta.
Il dopo è particolarmente gradevole: restiamo sdraiati a lungo l'uno addosso all'altro, e ci lasciamo andare a qualche carezza imprevista prima di lavarci. Mentre lui è in bagno, io ancora sul futon mi guardo intorno, leggo i titoli dei suoi libri, sfoglio un fumetto. Un'altra passione che abbiamo in comune, i comics. A. ha una bella casa, che ha comprato da poco. Il romantico pezzo di Morrissey ora in sottofondo non guasta affatto.
Una volta rivestiti ci sediamo in soggiorno e parliamo ancora un po'. Lui mi racconta qualcosa di sé, ma non mi chiede quasi nulla. Ormai è sera. Dopo una breve telefonata, A. si mette in cucina. Mi fa capire più o meno discretamente che è ora di levarmi di torno, invece di indugiare sui suoi DVD. Mi abbraccia, e ci salutiamo. Fuori c'è un vento freddo che mi fa tornare la voglia di un caffè.

13 marzo 2007

Nella saletta con il video grande mi masturbo vigorosamente in piena vista. Altri uomini seduti accanto, con visi e corpi da dimenticare, fanno la stessa cosa. Sullo schermo i modelli scopano senza preservativo, e si sborrano copiosamente in bocca. Dall'altra parte della stanza un ragazzo si mena il cazzo come me, e mi guarda. Piuttosto carino, capelli corti, magro ma atletico. È per quello sguardo che sono qui.
La prima mossa è sua: quando tutti gli altri se ne sono finalmente andati si alza, si riannoda l'asciugamano in vita e mi si avvicina. Continua a guardarmi fisso, sempre toccandosi il pacco. Ricambiando le sue occhiate mi alzo anch'io, ed entro nel camerino più vicino. Mi segue. Non c'è quasi luce dentro, a parte quella fioca che arriva dall'esterno. Riesco a malapena a vedere che mi sorride, prima di iniziare a baciarmi.
Il sesso è di quello buono, con qualche tenerezza inaspettata. Lo stringo forte, gli accarezzo i capelli mentre mi succhia, e quando lo sento gemere mi eccito ancora di più. Ha un culo bellissimo, piccolo e sodo. Lo esploro con le dita mentre lo bacio in bocca, e mi fa capire che gli piace. Mi infila lui il profilattico e lo scopo molto piano, continuando a baciarlo.
Qundo abbiamo finito parliamo per un po'. Ha una bella voce, e un tono pacato. Abita in provincia, fa un lavoro come un altro, ha preso casa da poco. Dopo la doccia dividiamo una bibita al bar, ma è già piuttosto tardi. Ora di andare.
Si offre di accompagnarmi a casa in macchina, dice che è lungo la strada. Continuiamo a parlare e io lo ascolto volentieri, anche quando mi racconta dei suoi nipoti. Mi sembra un tipo tranquillo, forse un po' maliconico. Arrivati sotto casa mia ci scambiamo i numeri di telefono. Non ho il cellulare con me, e lui mi chiama subito per lasciarmi il numero in memoria. Non mi sarebbe dispiaciuto rivederlo, eppure qualcosa è andato storto nello scambio dei recapiti: forse ha segnato male una cifra, o forse ha soltanto finto di chiamarmi. La mattina dopo sul mio telefono non c'è nessun messaggio.

05 marzo 2007

Da anni prima di fare incontri di sesso mi metto sempre un cockring. È ormai un'abitudine irrinunciabile per me, come tagliarmi i capelli da solo, leggere al cesso o dormire nudo.
Secondo alcuni il cockring è un cugino povero del Viagra: in teoria dovrebbe prolungare l'erezione e intensificarla, rallentando il defluire del sangue. Forse è vero, ma le mie motivazioni sono più di carattere estetico che pratico: in realtà lo metto soprattutto perché mi piace.
Il cockring è il mio distintivo, la mia armatura, il mio talismano. Mi sentirei ancora più nudo, senza. Uso quelli classici di metallo, preferibilmente in acciaio chirurgico. Gli anelli di cuoio e gomma sono per principianti, e in genere non riscuotono lo stesso successo di pubblico. Quelli multipli o troppo elaborati non fanno per me: preferisco stare sul sobrio.
Dopo averne provati un po' ora so bene qual è la mia misura, e non rischio più spiacevoli inconvenienti. Il cockring ideale deve stringere, ma non troppo: se si sbaglia il diametro l'anello potrebbe scivolare via con inopportuni tintinnii, o causare problemi più seri come abrasioni ed ematomi.
Me lo infilo con studiata noncuranza prima di ogni incontro, sotto la doccia quando è possibile: il sapone aiuta, ma all'occorrenza basta anche un po' di saliva. Qualche volta mi è capitato di esagerare tenendolo su per troppo tempo. In questi casi può subentrare un certo fastidio (a me viene pure il mal di testa): meglio toglierlo poco dopo aver concluso.
In passato di cockring ne ho persi parecchi, dimenticandoli qua e là per distrazione. Una volta ho avuto addirittura la faccia tosta di tornare in sauna il giorno dopo, e chiedere al ragazzo all'ingresso se per caso ne avessero trovato uno facendo le pulizie. È stato ovviamente inutile: mi ha fatto sapere con un'occhiata vagamente sprezzante che gli oggetti intimi abbandonati dai soci vengono sempre gettati via. Da allora cerco di avere maggior cura dei miei giocattoli.