05 marzo 2007

Da anni prima di fare incontri di sesso mi metto sempre un cockring. È ormai un'abitudine irrinunciabile per me, come tagliarmi i capelli da solo, leggere al cesso o dormire nudo.
Secondo alcuni il cockring è un cugino povero del Viagra: in teoria dovrebbe prolungare l'erezione e intensificarla, rallentando il defluire del sangue. Forse è vero, ma le mie motivazioni sono più di carattere estetico che pratico: in realtà lo metto soprattutto perché mi piace.
Il cockring è il mio distintivo, la mia armatura, il mio talismano. Mi sentirei ancora più nudo, senza. Uso quelli classici di metallo, preferibilmente in acciaio chirurgico. Gli anelli di cuoio e gomma sono per principianti, e in genere non riscuotono lo stesso successo di pubblico. Quelli multipli o troppo elaborati non fanno per me: preferisco stare sul sobrio.
Dopo averne provati un po' ora so bene qual è la mia misura, e non rischio più spiacevoli inconvenienti. Il cockring ideale deve stringere, ma non troppo: se si sbaglia il diametro l'anello potrebbe scivolare via con inopportuni tintinnii, o causare problemi più seri come abrasioni ed ematomi.
Me lo infilo con studiata noncuranza prima di ogni incontro, sotto la doccia quando è possibile: il sapone aiuta, ma all'occorrenza basta anche un po' di saliva. Qualche volta mi è capitato di esagerare tenendolo su per troppo tempo. In questi casi può subentrare un certo fastidio (a me viene pure il mal di testa): meglio toglierlo poco dopo aver concluso.
In passato di cockring ne ho persi parecchi, dimenticandoli qua e là per distrazione. Una volta ho avuto addirittura la faccia tosta di tornare in sauna il giorno dopo, e chiedere al ragazzo all'ingresso se per caso ne avessero trovato uno facendo le pulizie. È stato ovviamente inutile: mi ha fatto sapere con un'occhiata vagamente sprezzante che gli oggetti intimi abbandonati dai soci vengono sempre gettati via. Da allora cerco di avere maggior cura dei miei giocattoli.